mercoledì 31 luglio 2013
giovedì 25 luglio 2013
DOLORE CLANDESTINO
TUTTO PASSA, E TUTTO TORNA NEI RICORDI DI QUEI PASSI FATTI INSIEME.
TUTTO PASSA, E TUTTO SI VESTE DI COLORI DIVERSI COME L'AUTUNNO.
TUTTO PASSA, E TUTTO SI ACCETTA INSIEME A QUEL DOLORE CLANDESTINO
RESO FELICE DAL SAPERE CHE SEI DOVE VUOI ESSERE...........
sabato 20 luglio 2013
"Quando noi siamo mossi al pianto non per le nostre sofferenze, ma per quelle altrui, ciò accade perché ci trasferiamo vivamente con la fantasia al posto del sofferente, o vediamo anche nel suo destino la sorte dell'intera umanità e quindi, soprattutto, la nostra, e allora, dopo un'ampia deviazione, torniamo sempre a piangere su noi stessi, sentiamo compassione per noi stessi."Questo, scrive Schopenhauer, vale anche per il pianto per la morte di persone care.
"Non è la propria perdita che il dolente piange: ci si vergognerebbe di simili lacrime egoistiche; egli, al contrario, si vergogna a volte di non piangere. Anzitutto egli piange certamente la sorte del defunto, ma questo avviene anche quando la morte è stata una liberazione desiderabile dopo lunghe, grandi e inguaribili sofferenze. Sostanzialmente, dunque, lo coglie la compassione per la sorte di tutta l'umanità, che è vittima della finitezza, in conseguenza della quale ogni vita, anche solerte e ricca di attività, deve spegnersi e finire nel nulla: in questa sorte dell'umanità, però, egli soprattutto vede la propria."
"Non è la propria perdita che il dolente piange: ci si vergognerebbe di simili lacrime egoistiche; egli, al contrario, si vergogna a volte di non piangere. Anzitutto egli piange certamente la sorte del defunto, ma questo avviene anche quando la morte è stata una liberazione desiderabile dopo lunghe, grandi e inguaribili sofferenze. Sostanzialmente, dunque, lo coglie la compassione per la sorte di tutta l'umanità, che è vittima della finitezza, in conseguenza della quale ogni vita, anche solerte e ricca di attività, deve spegnersi e finire nel nulla: in questa sorte dell'umanità, però, egli soprattutto vede la propria."
mercoledì 17 luglio 2013
domenica 14 luglio 2013
Ora, scrive Schopenhauer, ora, prima che vada a mostrarvi "... come l'amore conduca alla liberazione, cioè alla totale rinuncia alla volontà di vivere, ossia ad ogni volere, ed anche come un'altra strada, meno agevole tuttavia più frequente, porti l'uomo alla stessa meta", prima che vada a mostrarvi queste due vie di liberazione devo enunciare e spiegare "un principio che fa parte integrante del pensiero che sto per esporvi."Ogni amore puro e vero è compassione, e ogni amore che non è compassione è egoismo. L'eros, la brama amorosa, è egoismo; l'amore puro, agape, è compassione. Spesso entrambi si trovano insieme. Persino la vera amicizia è sempre una mescolanza di egoismo e compassione: è egoismo il provar piacere per la presenza dell'amico; è compassione la sincera partecipazione al suo benessere e al suo dolore e i sacrifici disinteressati che si fanno per lui."
Qui Schopenhauer esplicita cosa intende per compassione, anche se si capisce dall'insieme del suo dire. Compassione è sincera partecipazione al benessere o al dolore dell'altro, ed è azione disinteressata in suo favore.
(A. Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione)
venerdì 12 luglio 2013
"L'egoista si sente circondato da fenomeni estranei e nemici, e tutta la sua speranza si basa sul proprio benessere. Il buono vive in un mondo di fenomeni amici: il benessere di ognuno di quelli è il suo proprio. Perciò, quantunque la conoscenza del destino umano in generale non renda lieto il suo stato d'animo, tuttavia la costante conoscenza della sua propria essenza in ogni essere vivente gli dà un certo equilibrio e persino una certa serenità d'animo. Infatti, l'interesse allargato ad innumerevoli fenomeni non può preoccupare come quello concentrato su uno solo."(Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione)
domenica 7 luglio 2013
SENZA DIFFERENZE
"La vera bontà d'animo, la virtù disinteressata e la pura magnanimità non derivano dalla conoscenza astratta, ma pur sempre dalla conoscenza: quella immediata e intuitiva, che non si può eliminare o sostenere con argomentazioni, una conoscenza che non si può neppure comunicare, che sorge spontaneamente in ognuno e non trova adeguata espressione nelle parole ma esclusivamente nelle azioni, nella condotta, nella vita dell'uomo."
"E' giusto colui che riconosce quel confine puramente morale tra giusto ed ingiusto e lo fa valere anche quando lo Stato o un altro potere non lo difendono, nell'affermazione della propria volontà che non arriva mai a negare quella degli altri, senza infliggere sofferenze ad altri per accrescere il proprio benessere. Il giusto non afferma la manifestazione della propria volontà negando tutte le altre: gli altri non sono soltanto delle semplici larve la cui essenza è totalmente diversa dalla sua; con il suo modo di agire egli mostra di riconoscere la propria essenza, cioè la volontà di vivere, anche negli altri, e in questo grado la sua visione trapassa il velo di Maya, e mette pertanto l'essere che sta fuori di sé sullo stesso piano del proprio: non lo ferisce."
La condotta giusta, dunque, è l'effetto di una percezione-visione-conoscenza che va al di là della rappresentazione di alterità assoluta tra sé e il resto del mondo.
giovedì 4 luglio 2013
ELASICO SALICE.
L' allievo chiese al maestro: Dobbiamo cercare la vittoria nella lotta?
Il maestro rispose: Ragiona, e se puoi evita di lottare.
Allora dobbiamo essere sconfitti?
Se non c'è lotta non c'è sconfitta ne vittoria, non è necessario lottare per sopravvivere,
Il salice elastico non lotta contro la bufera, eppure sopravvive.
Il maestro rispose: Ragiona, e se puoi evita di lottare.
Allora dobbiamo essere sconfitti?
Se non c'è lotta non c'è sconfitta ne vittoria, non è necessario lottare per sopravvivere,
Il salice elastico non lotta contro la bufera, eppure sopravvive.
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